Sono passati 3 anni da Django Django, strepitoso album d'esordio dell'omonima band, che ora torna con nuovo lavoro Born Under Saturn. In casi come questi da un lato vorresti ascoltare il nuovo album il prima possibile, dall'altro protrarresti volentieri l'attesa perché sai bene che dopo un esordio così brillante il rischio di una grande o parziale delusione è molto alto.
Superato questo difficile momento di scelta mi sono immerso nell'ascolto di Born Under Saturn provando ad azzerare memoria e aspettative. L'album suona subito molto familiare, la continuità col lavoro d'esordio è evidente: impasti vocali, elettronica e ritmiche asimmetriche, ricche d'estro, stravaganze con echi seventies e melodie catchy. La formula dei Django Django è estremamente personale e li rende subito riconoscibili, dettaglio non da poco, così come il gusto e le capacità nel produrre la propria musica. Quindi la domanda alla fin fine diventa: le idee dei Django Django si sono esaurite all'esordio o sanno ancora sfornare intuizioni e melodie oltre la media?
Beh, bisogna essere onesti, fermo restando la buona qualità complessiva, Born Under Satan è ben lontano dal genio creativo di Django Django: è un album gradevole, riconoscibile ma senza nulla di straordinario.
Questo fenomeno oramai accade con una frequenza impressionante, band che appaiono straordinarie all'esordio e che sfiatano già al secondo album. Un indizio in genere interessante è il tempo che trascorre tra un lavoro e l'altro. Se tra primo e secondo album (non tra nono e decimo, per dire...) passano tre anni allora c'è qualcosa di strano...
Vediamo cosa ci riserveranno i Django Django in futuro, quando ascolteremo il loro terzo album. Forse...