Che bello ritrovarsi, soprattutto se non ci si vede da un po' di tempo. Il terzo album dei Band Of Horses è anche il primo di cui scrivo su Manta Ray, e questa è una mia grave colpa. Everything All The Time e Cease To Begin erano 2 grandi album, intimi e melodici, arricchiti da qualche brano straordinario (The Funeral, ad esempio) e sempre splendidamente sotto-traccia.
La band di Ben Bridwell, dopo 3 anni di assenza e una lunga gestazione in studio, torna alla ribalta riproponendo il suo indie-alt-country-folk o come-diavolo-preferite-definirlo. Tre anni non sono pochi e può capitare di faticare a riconoscersi. I Band Of Horses sono cambiati, come è giusto che sia perchè non si può replicare la stessa formula all'infinito. I BOH si presentano così con una formazione più ricca di elementi e con novità nel sound. Gli elementi di continuità col passato ci sono e sono evidenti, così come le novità di questo album sono rivolte al passato più che al futuro: mi vengono in mente gli Eagles o Crosby, Stills, Nash & Young, certi impasti vocali tipici del folk americano, ma anche sonorità in tonalità maggiore al posto del più sincero (cit: Martin Gore) minore.
Eppure, in questa virata verso una musica adatta a un pubblico (glielo auguro) più vasto e quindi, per forza, un po' più banale i Band Of Horses mostrano tutto il loro straordinario talento. Nonostante la splendida voce di Ben Bridwell sia esageratamente doppiata da (peraltro eccellenti) seconde voci i Band Of Horses dimostrano di avere classe e un talento melodico di prim'ordine: On My Way Back Home è una delle prove ma l'intero album lo dimostra. Questo è un grande grande gruppo.