I Clap Your Hands Say Yeah mi sono stati simpatici sin dallo straordinario album d'esordio. La band di Alec Ounsworth suona un indie-rock obliquo e insolito a cominciare dal cantato, sempre sul filo della stonatura: il loro stralunato talento melodico ha spesso saputo trasformare questo potenziale difetto in evidente pregio. La carriera della band è stata altrettanto obliqua e travagliata, prima osannati poi abbandonati dalla critica i Clap Your Hands Say Yeah hanno faticato parecchio a orientarsi, a trovare riferimenti certi.
Dopo il grande debutto sfornarono un album insulso come Some Loud Thunder, capace di fargli perdere i consensi ricevuti per poi provare a risalire la china con Hysterical, album magari non geniale ma brillante e piacevole, passato quasi inosservato per il terribile fenomeno del post-hype.
Only Run è quindi un album difficilissimo per un gruppo che non sa più chi è né chi sia il suo pubblico. Visto che la variabili non sono abbastanza i Clap Your Hands Say Yeah decidono di pubblicare un album molto diverso dai lavori precedenti, più sofisticato e intimo, senza inni da stadio (anche perché dubito che suoneranno negli stadi), ibridando il loro indie-rock sia con morbide sonorità acustiche che con inserti elettronici (un po' naïf, non aspettatevi particolari virtuosismi digitali). Il loro modello in questa fase della carriera sembra siano i National (ma quanto sono fondamentali e influenti i National? Che gruppo straordinario!) che si prestano con tale generosità al ruolo tanto fa far comparire l'inconfondibile voce di Matt Berninger nel brano Coming Down.
Only Run non è un album facile da etichettare, meno immediato dei precedenti lavori dei Clap Your Hands Say Yeah ma ricco di sfaccettature e di letture non superficiali. Solo il tempo mi dirà se Only Run è realmente un buon disco (pur tra alti e bassi), un nuovo inizio per un artista di talento o se sono troppo accomodante con questa band. Ciò detto, ne consiglio l'ascolto.