Paul Simon è un'artista di cui ho grandissima stima e rispetto, nelle sue canzoni si percepisce con nitidezza la presenza del genio melodico, quel qualcosa che rende un brano memorabile ed eterno. Vi risparmio l'elenco dei suoi capolavori, mi limito a dire che lui è un punto fermo della musica folk-rock e rappresenta il massimo esponente di questo genere musicale lungo un periodo che vede il suo acme attorno agli anni 70. La perfezione Paul Simon l'ha raggiunta più volte nel corso della sua carriera e il genio, più o meno presente, non l'ha mai abbandonato del tutto pur risultando, ovvio, alterno e scemante negli anni.
Mi accosto quindi a So Beautiful Or So What, il suo dodicesimo album con rispettosa circospezione. L'ultimo capolavoro Paul Simon lo sfornò una vita fa, Graceland, 1986. Ma il quasi settantenne artista merita un ascolto attento e ragionevole: lasciamo le rivoluzioni ai giovani e ascoltiamo cosa sa raccontarci adesso uno del suo calibro. Le recensioni che ho letto in giro per la rete dicono che So Beautiful Or So What è un grande album. Io sarei più cauto. Paul Simon non può avere la brillantezza di 40 anni fa, sarebbe innaturale, non può sorprenderci, non può lasciarci a bocca aperta perchè lo conosciamo troppo bene oramai. Paul Simon può solo essere se stesso e utilizzare So Beautiful Or So What per ribadire che se il lampo di genio stenta ad arrivare la classe invece è immutata. A scrivere canzoni non si disimpara e l'invidiabile situazione di non dover dimostrare più niente a nessuno fa si che Paul sia particolarmente disinvolto: a tratti si ha la sensazione che stia suonando nella sfarzosa sala prova di una sua qualche villa da sogno assieme agli amici di sempre.
Tuttavia, scordatevi il capolavoro e godetevi dell'ottima musica, dal sapore un po' vintage ma non priva di idee e spunti ancora attuali: Getting Ready For Christmas Day.