I
Tired Pony sono un super-gruppo e
The Place We Ran From è il loro primo album. Ma che cos’è un super-gruppo? Cosa si intende con questo termine? Guardando su Wikipedia, troviamo scritto: “
...un gruppo musicale composto da musicisti particolarmente celebrati per il loro talento tecnico e in genere già divenuti famosi in altri gruppi...”. Non so perchè, ma mi vengono subito in mente i Traveling Wilburys: George Harrison, Bob Dylan, Tom Petty, Roy Orbison e qualcun’altro che non ricordo. Si sa, i supergruppi spesso muoiono giovani e anche i T.W. ebbero vita breve: due anni tra il 1988 e il 1990. Ma
Gary Lightbody, voce degli Snow Patrol e mente pensante della nuova creatura, assicura che il progetto Tired Pony non sarà un operazione estemporanea. Questo mi rende fiducioso e propenso a considerare il tutto con maggiore attenzione. Il mix di artisti che compone il gruppo è piuttosto curioso. Oltre al già citato Lighbody ci sono anche:
Peter Buck (chitarra dei REM),
Richard Colburn (batteria dei Belle And Sebastian) e
Scott McCaughey (non so cosa dei Minus 5). Contribuiscono alla causa in due canzoni anche
Zooey Deschanel (attrice-cantante hollywoodiana) e
Tom Smith (vocione dei benemeriti Editors). Mi preparo psicologicamente all'ascolto leggendo blog e siti specializzati vari e dopo pochi clic mi sono già fatto un idea:
Americana! Questa è la chiave di ascolto. Pigio play e quello che sento è, in effetti, un album country rock, che si fa ascoltare volentieri sin dalle prime note. I Pony giocano subito con un pathos epico un po' facile, ma efficace e l'album parte con una manciata di canzoni che ti entrano subito dentro.
Easy listening di qualità!!!! Mi ingolosisco e attendo ogni canzone con crescente curiosità. I pezzi volano leggeri tra crescendo che hanno sonorità a tratti più country e in altri momenti più pop-rock. Tutto bello fino in fondo? Purtroppo no. La magia si interrompe inspiegabilmente con l’attacco della traccia 5. La ballatona soporifera,
Held in the Arms of Your Words,
abbiocca un po’ l'abum, e apre la pista ad una serie di canzoni sottotono. Scavo, riascolto nella vana speranza, ma non c'è nulla da fare: la magia se n'è andata. Nella seconda parte del CD salvo solo due pezzi che superano, di poco, la linea di galleggiamento: I Am the Landslide (cantata alla Neil Young) e The Good Book (cantata bene da Smith). Un mezzo album?
Un Hobbit-CD? Ne aveveno solo per 5 tracce? L’altra metà del fluido vitale l’hanno messa al servizio dei loro gruppi di provenienza? Peccato, perchè i Pony sembrano essere in grado di scrivere canzoni che funzionano. Lunga vita a loro, quindi, nell’attesa della seconda parte di The Place We Ran From o di un nuovo LP intero.