Nel 1989 i Pixies pubblicano il loro secondo album, Doolittle. I 4 di Boston si trovano di fronte a una situazione di non facile gestione, Surfer Rosa, l'album precedente, aveva raccolto consensi clamorosi da parte della stampa specializzata ma aveva anche ottenuto scarsi riscontri commerciali. Ignari del fatto che questo sarà il destino di tutta la loro carriera musicale, Black Francis e soci cercarono con Doolittle di trovare quella sintesi che consentisse loro di non perdere nulla del loro spessore creativo guadagnando però qualche consenso commerciale in più.
La sintesi la trovarono eccome, però non considerarono un non secondario ostacolo nella strada verso il successo: il look, praticamente inesistente, e la pressochè totale mancanza di un qualsiasi tipo di appeal mediatico: un cantante ciccione e pelato, un anonimo chitarrista, la stessa Kim Deal non in grado di suscitare "interesse" da parte del pubblico maschile. Insomma i Pixies non erano nè belli, nè maledetti, nè (commercialmente) furbi: il grande successo potevano tranquillamente scordarselo. Ma Doolittle è una grande album. L'indie-rock cede ogni tanto il passo al pop (ad esempio con Here Comes Your Man, guardate che video assurdo...), peraltro genere amatissimo da Black Francis, la miscela è nel complesso più morbida e fruibile rispetto a Surfer Rosa ma sempre molto Pixies, irrispettosa quindi di regole e canoni prestabiliti, irriverente e diversa, diversa da tutto quello che si sentiva allora. E che forse si sente anche adesso. I grandi brani presenti nell'album sono moltissimi: Debaser, Tame, Hey, Gouge Away solo per citarne alcuni.
In sintesi Doolittle è un album fondamentale.