Non conosco tutta la discografia dei
Sonic Youth, anzi la conosco in minima parte se consideriamo che dal 1982, quando uscì l'omonimo vinile di debutto Sonic Youth, ad oggi hanno sfornato 16 album. Che i
Sonic Youth siano un
gruppo indispensabile è fuori discussione; Wikipedia definisce la loro musica come: alternative rock, experimental rock, noise rock, no wave, post-punk e, sia pur col consueto sovrannumero di catalogazioni, non sbaglia. I Sonic Youth sono stati un
riferimento certo per tutti coloro che nel pieno degli anni 80 cercavano qualcosa di
diverso, fuori dagli schemi. Niente capelli cotonati nè tastiere, poco o nulla di facile ascolto, rassicurante o radiofonico nella loro musica, i Sonic Youth furiono un vero elemento di rottura. A volte anche troppo. Ricordo un concerto nel 90 mi pare, in cui il rumore prevalse, e di gran lunga, su voci, melodie, linee ritmiche. Sperimentale e coraggioso, si, ma mi mise davvero alla prova!
Daydream Nation fu il primo album dei Sonic Youth che acquistai e ne rimasi colpito. Il primo impatto fu
quasi sconvolgente: in quegli anni ero, come molti, abituato a ben altri suoni. Il rumore, le melodie oblique, le voci (volutamente?) incerte sull'intonazione: coi Sonic Youth si entrava in un
nuovo mondo sonoro,
visionario e diverso. Ricordo ai tempi che le recensioni delle riviste musciali ne parlavano in termini entusiastici:
Thurston Moore,
Kim Gordon,
Lee Ranaldo,
Mark Ibold e
Steve Shelley (gli ultimi 2 li ho citati più per cortesia che altro, il motore della band sono gli altri 3) erano presentati come dei
geniali precursori, dei vati della musica-che-verrà. A distanza di più di 20 (sic!) anni posso ora affermare con certezza: le riviste musicali avevano ragione.
Daydream Nation è ancora un
disco bellissimo, ma ciò che risultava bizzarro e di difficile ascolto nell'88 si è normalizzato, ammorbidito. Non è diventato un disco pop nel frattempo, ma la musica che ci circonda è cambiata e si è molto avvicinata alla direzione che i Sonic Youth tracciarono negli anni 80. Ascoltate
Hey Joni o
Kissability, ne vale (ancora) la pena.